Simone Rossi e Sandro Bozzolo, Valdinferno (Tanaria). Foto di Valeria Botto

Simone Rossi e Sandro Bozzolo, Valdinferno (Tanaria).
Foto di Valeria Botto

«Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari.»
Guy Débord, Théorie de la dérive

La Psicogeografia è una metodologia di “etnografia camminata” proposta da un gruppo di intellettuali e artisti (tra i quali Guy Débord e Pinot Gallizio) nella primavera 1957 a Cosio d’Arroscia, in alta Tanaria. L'idea prende forma a partire dalla "deriva”, un processo di raccolta di informazioni e sensazioni attraverso il quale l’osservatore arriva a leggere ed esprimere il territorio in maniera soggettiva, trasformandosi, da semplice spettatore, nel protagonista di un suo proprio processo di scoperta. La deriva, che può essere compiuta solamente muovendosi a piedi, implica lo sviluppo di un forte spirito critico (libero da pregiudizi), di un’osservazione profonda non solo dello spazio ma anche degli avvenimenti circostanti, della capacità di sottolineare il valore del dettaglio.

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While was looking for a new language in ethnography and art within his Situationist International (SI), the French philosopher Guy Debord in 1955 coined the idea of a 'Psychogeography', defined as 'the study of the precise laws and specific effects of the geographical environment, consciously organized or not, on the emotions and behavior of individuals'. Often perceived as the total dissolution of boundaries between art and life, in recent years the idea of Psychogeography has collected many labels, theories and manifestos. Beyond its multiple approaches, the intersection between narrative and ethnography remains crucial: crossed by the active act of walking, the landscape is interrogated through multi-lenses, splintered into external rationalities, relocated on the subconscious in order to create new relationships with the past. The point of this recontextualization is to focus on the multiples narrations that a territory, read under the gaze of an engaged ethnography, can offer, as the product of its historical processes and micro-cultures.

TRIPPIN’ GARESSIO

Disegno grafico Michele Prato

Disegno grafico Michele Prato

TRIPPIN GARESSIO


da un’idea di Simone Rossi

immagini e regia Sandro Bozzolo

montaggio (ispirato dalle ragazze e dai ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Garessio) a cura di Marco Lo Baido

con musiche di Space Paranoids

Testo articolo di Sandro Bozzolo
Fotografie di Simone Rossi


Realizzato nell’ambito del progetto ‘D’Acqua e di Ferro - Percorsi per la valorizzazione della Valle Tanaro’

Trippin’ Garessio è una proposta di viaggio a piedi in prospettiva psicogeografica.

Cinque giorni in viaggio in un unico territorio comunale, attraversando 115 km e 5.500 metri di dislivello, lungo un territorio che si espande dai rododendri agli ulivi, dalle marmotte alla macchia mediterranea, tra certose altomedievali, castellari bizantini, uno splendido borgo antico di cui non importa a nessuno e una striscia di Piemonte in Liguria ignorata dai più.

'Trippin Garessio' si perde nell'insieme e nei dettagli, offrendo un punto di vista inedito su un territorio troppo spesso attraversato solamente in automobile. Il viaggio, ideato dall’accompagnatore escursionistico Simone Rossi, è stato raccontato attraverso l’omonimo cortometraggio e restituito dal reportage pubblicato su Alpidoc n. 102 (nov 019).

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Five days walking the territory of Garessio, at the cross-point between Alps and Sea, under the gaze of ‘Psychogeography’, as imagined by Situationists in the ‘70s: crossed by the active act of walking, the landscape is interrogated through multi-lenses, splintered into external rationalities, relocated on the subconscious in order to create new relationships with the past.


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VIAGGIO A PIEDI NELLE ALPI DEL FAR WEST

Seppure sia parte della Repubblica Italiana a partire dal 1947, il paese di Briga Alta non esiste su nessuna mappa. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale le sue frazioni sono rimaste divise tra confini amministrativi azzardati; le famiglie e le genti hanno pagato, più di tutti e per tutti, il prezzo del "Rattachement".
Oggi la Terra Brigasca è rimasta mutilata della sua antica capitale, Briga (La Brigue), e i centri abitati rimasti in Italia sono stati suddivisi a loro volta, tra la Liguria o il Piemonte, tra la provincia di Imperia o quella di Cuneo. Gli eredi, dispersi sulla costa, hanno mantenuto in vita una lingua e una tradizione: una tradizione di transumanza, e una lingua neolatina affascinante e dalla genesi lontana, la Lingua Brigasca.

Reportage di Sandro Bozzolo e Simone Rossi, con fotografie di Enrica Raviola, pubblicato su Alpidoc n. 101 (feb 019).

Realizzato nell’ambito del progetto ‘D’Acqua e di Ferro - Percorsi per la valorizzazione della Valle Tanaro’, promosso dall’Unione Montana Alta Val Tanaro.

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LONTANO DA CHE?

"È così bello qui. Ma come fai?" Nessuno coglie l'assurdità della domanda. A nessuno viene in mente che vivere in mezzo al bello contribuisce a risolvere una buona fetta di problemi.

Sul numero 100 di ALPIDOC, una riflessione innescata da un elemento piuttosto semplice: una signora del Folletto che bussa alla porta, in una casa ubicata a 850 m slm. Una domanda innocente diventa una scusa per riflettere sul senso della vita in luoghi non codificati, cioè in luoghi normali, normalissimi, che però stanno iniziando a diventare 'scelte di vita' che hanno addirittura bisogno di giustificazione.

Verrebbe da chiedersi per quanto tempo ancora le istituzioni preposte al sapere e alla costruzione del mondo di domani continueranno a educare uno sguardo arreso, addestrato ad accontentarsi di una prospettiva mutilata dal vetro di una finestra o dalla ringhiera di un balcone, emblemi perfetto della condizione attuale di un'intera società.

Il concetto è stato successivamente ripreso e ampliato in questo mio scritto sul quotidiano Il Manifesto (7 maggio 2020).

 

MONGIA - LA VALLE CHE NON ESISTE

Sul numero 106 del trimestrale ALPIDOC è uscito un ampio reportage (16 pagine) realizzato con Simone Rossi: nei mesi lunghi del confinamento abbiamo intrapreso un viaggio approfondito lungo i sentieri della nostra valle.

Attraverso la prospettiva del viaggio a piedi, la valle restituisce tesori nascosti, come un unico ecosistema costruito, strato su strato, in mille anni di storia. La proposta, ambiziosa ma non troppo, è quella di un anello escursionistico percorribile anche in bici e a cavallo, che possa essere percorso nelle quattro stagioni.

VIAGGIO IN SICILIA

“Pensai alla Sicilia, e montagne in essa”. Così scrive Elio Vittorini nel suo Conversazioni in Sicilia, un viaggio di ritorno verso l’isola natale, un modo come un altro per avvicinarsi a terre interne, sopravvissute silenziose ai molteplici passaggi umani scritti dalla storia. Perché in effetti la Sicilia è prima questo: appendice d’Appennino allungato verso il mare, tratturi e polvere, pastorizia praticata da millenni.

Reportage di Sandro Bozzolo con fotografie di Simone Rossi, pubblicato su Alpidoc n. 97

 

SULLE TRACCE DI FRANCESCO BIAMONTI

"Scivolate mortali, non appoggiatevi". È una sentenza dell'antica Francia che ancora risuona tra i muretti a secco e gli uliveti eroici della Liguria Alpina, terra di arcaico lirismo nella quale il poeta disilluso è riuscito a captare l'essenza di una bellezza triste, priva di senso.

Glissez Mortels è il mio cortometraggio realizzato sulle tracce dello scrittore Francesco Biamonti (1928-2001).