"Innesti - Il Figlio Solitario del Sud" finalista al Premio Solinas

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Il soggetto di documentario “Innesti - Il Figlio Solitario del Sud”, scritto con la sceneggiatrice Francesca Arossa, è tra i finalisti del concorso “Premio Solinas Documentario per il Cinema 2020”.

Il documentario nasce tra i monti della Val Mongia, nel sud del Piemonte. Qui il regista Sandro ripercorre il rapporto personale col padre Ettore, ex-casellante autostradale e castanicoltore per vocazione, riprendendolo nella sua attività quotidiana di recupero dei secolari castagneti abbandonati. Osservando l’azione del padre, Sandro esplora, attraverso la videocamera, la sua stessa inquietudine, che lo porta ad allontanarsi e a ritornare ogni volta tra i castagni. Le immagini, raccolte in vent’anni (a partire dal 2001) raccontano il progressivo incontro tra un padre e un figlio, legati dal filo rosso dell’innesto - la pratica agricola con cui si migliora l’albero esistente tramite una nuova linfa.

La Giuria, composta da Natalie Cristiani, Ludovica Fales, Agnese Fontana, Annamaria Granatello, Heidi Gronauer, Peter Marcias, Annamaria Morelli, Gianfranco Pannone, Giacomo Ravesi, Giovanni Spagnoletti, dopo aver esaminato i 52 progetti presentati in forma anonima, ha selezionato gli 8 Finalisti che concorrono all’assegnazione del Premio Solinas Miglior Documentario per il Cinema di 2.000 euroalla selezione di un progetto all’edizione 2020 IDS Academy e alla selezione di un progetto all'edizione 2020 IDS Industry.

Innesti - il Solitario Figlio del Sud (titolo provvisorio) è un progetto prodotto da Enrica Viola (UnaFilm), con la preziosa collaborazione di Marco Lo Baido, Paolo Favaro, Anna Castagna, Giulia Guasco e María Cecilia Reyes.

L'ideologia dei piccoli borghi e come abitarci davvero

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Il Manifesto uscito in edicola giovedì 7 maggio ha pubblicato un mio contributo relativo al modello urbano e alla crisi demografica nelle aree periferiche, che in quest'epoca pestilenziale diventa una riflessione più ampia sulla società [e la vita] che vogliamo.

La domanda, piuttosto improbabile, è sempre la stessa:
"Qui è bellissimo. Ma come fai a viverci?"

Verrebbe da chiedersi per quanto tempo ancora le istituzioni preposte al sapere e alla costruzione del mondo di domani continueranno a educare uno sguardo arreso, addestrato ad accontentarsi di una prospettiva mutilata dal vetro di una finestra o dalla ringhiera di un balcone, emblemi perfetto della condizione attuale di un'intera società.

Qui l’articolo disponibile online.

Sovranismo di paese / ambientalismo di città

Sul numero 102 della rivista Dislivelli, dedicato alla ricerca di nuovi equilibri tra montagna e città, è pubblicato un mio articolo dal titolo “Sovranismo di paese / ambientalismo di città”.

Di fronte a una legge regionale che combatte l’inquinamento a Torino impedendo il lavoro dei custodi della montagna, l’articolo elabora una riflessione in viaggio da Bogotá verso Viola.

Poi le industrie, la questione del 'così va il mondo' e l'italianissima scelta di rincoglionire la popolazione fornendo a tutti un lavoro fisso hanno provocato il dramma. Il contadino è diventato operaio, e ogni sorta di visione autonoma ha iniziato ad essere considerata in maniera sospettosa. Don Camillo e Peppone sono risultati entrambi colpevoli nel processo: la democrazia cristiana con il suo assistenzialismo paternalista, il partito comunista con la logica dell'appiattimento di classe e del diktat sindacale. E così oggi i giovani delle valli Monregalesi assomigliano sempre più ai loro coetanei delle periferie urbane, che lamentano con rabbia l'assenza di un lavoro fisso, e presto voteranno partiti di estrema destra perché gli stranieri ci portano via il lavoro, mentre tutt'intorno (letteralmente: tutt'intorno) i castagneti muoiono, soffocati dall'abbandono e dall'incuria, dalla follia di un'epoca malata che non ha saputo leggerne il valore.

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